Ma l'11 maggio è stata anche un'ottima occasione per incontrare, come ogni anno, colleghi provenienti da tutta la provincia (e non solo), con i quali normalmente si fatica a mantenere i contatti; è stata perciò un'opportunità per fare networking professionale, nella sua accezione più autentica. Rispetto allo scorso anno, il convegno organizzato dall'IPASVI è stato caratterizzato da un programma dalla tempistica molto compressa, che tuttavia si è fatto apprezzare per l'alta densità di contenuti dei singoli interventi. La tematica della giornata, ovvero il valore concreto che l'etica professionale deve avere nella pratica quotidiana, oggi ha una valenza molto significativa, specialmente in un periodo in cui, per scarsità di risorse economiche, lo scollamento fra istituzioni sanitarie ed utenza rischia di aggravarsi e di avere ripercussioni anche sull'approccio al paziente. Proprio da questo punto di vista l'intervento della Dottoressa Mortari si è fatto apprezzare sia per l'intensità delle narrazioni dei colleghi, ma anche per i diversi spunti di riflessione significativi per la nostra vita professionale. Il rapporto infermiere-paziente ed il superamento del gap che a volte (purtroppo) ci divide è stato pertanto affrontato con molta efficacia e schiettezza, la stessa che tuttavia ha messo in luce, in particolare durante la prima tavola rotonda, una questione che viene affrontata troppo poco nella nostra comunità professionale, ovvero che il vero gap da colmare è, forse, fra noi infermieri. Per prima cosa ho dovuto constatare, non senza un pizzico di rammarico, che sussiste ancora la stantia contrapposizione fra infermieri ed infermieri "vecchia scuola", la quale mi ricorda la distinzione che si faceva agli inizi degli anni Novanta fra il rap “new new school” e quello “old school”. Ironia a parte sono più che mai convinto che, nell'anno 2013 sarebbe bello andare oltre queste differenze e sentirci, finalmente, infermieri e basta. E' infine emersa un'ulteriore contrapposizione, fra i colleghi impegnati sul campo e quelli che lavorano nelle amministrazioni, come se questi ultimi avessero in qualche modo tradito la professione; personalmente, ritengo invece che il fatto che continuino ad esserci infermieri dirigenti debba essere un punto d'orgoglio per la professione, che rischiamo in questo modo di farci portare via (come si è tentato di fare in ambito universitario con recente ricollocamento del Settore scientifico-disciplinare Med 45). Allora sforziamoci, lavoriamo per colmare il gap con l'utenza, ma riflettiamo prima di tutto su quello che c'è ancora fra di noi.